Il Novecento

Ultima modifica 22 gennaio 2020

L’antico borgo chiuso all’interno del fossato si stava ormai espandendo, soprattutto verso Seregno e Verano; la popolazione in continua crescita nel 1901 toccava i 6835 abitanti; l’industrializzazione procedeva a tappe forzate, per quanto il peso dell’agricoltura, anche a livello occupazionale, continuasse ad essere notevole. Sul piano sociale va ricordata la figura di don Costante Mattavelli, che tra il 1901 e il 1903 promosse numerose iniziative di cooperazione tra contadini e operai, appoggiandone anche gli scioperi e attirandosi le ire del padronato, che convinse l’arcivescovo di Milano a trasferirlo ad altra sede.

Il nuovo secolo si era aperto con l’inaugurazione dell’impianto di illuminazione pubblica elettrica, seguito nel 1907 da un altro segno del progresso: la costruzione dell’ardito ponte in cemento armato, uno dei primi in Italia, che scavalcando la valle del Lambro facilitava la comunicazione con Besana. Nel 1910 veniva inaugurato l’ospedale, costruito grazie ai lasciti delle famiglie Caprotti e Viganò; nel 1911, con l’inaugurazione della linea ferroviaria Monza-Molteno-Oggiono, anche Carate aveva la sua stazione (Carate-Calò), anche se posta in posizione molto periferica e non facilmente raggiungibile.

Durante il ventennio fascista, in particolare tra il 1935 e il 1939, vennero costruite la torre dell’acquedotto, denominata Torre del Littorio, attuale Torre Civica, e la Casa del Fascio, nell’attuale Corso Libertà, opere che rispecchiano lo stile razionale dell’epoca. Durante la seconda guerra mondiale anche Carate ebbe le sue vittime sui campi di battaglia o nei campi di concentramento, ma l’episodio che più colpì la popolazione accadde durante la Resistenza, quando i tre partigiani caratesi Dante Cesana, Claudio Cesana e Angelo Viganò, catturati dai nazifascisti, vennero portati a Pessano e lì fucilati per rappresaglia, con altri quattro compagni, il 9 marzo 1945.

Rimarginate le profonde ferite lasciate dalla guerra e dalla lotta di liberazione, Carate Brianza ha proseguito nel dopoguerra sulla via dell’industrializzazione, dell’incremento demografico (al censimento del 2001 gli abitanti erano 16088) e dell’espansione urbanistica. Venuta meno quasi completamente l’industria tessile, Carate è diventata sinonimo di industria meccanica, a partire dai primi del Novecento con un’azienda storica come la Formenti, che produceva macchinari per la tessitura e che ha chiuso i battenti negli anni Ottanta del Novecento. Mentre le fabbriche storiche del fondovalle sono state destinate ad altri usi, sempre di carattere produttivo, alla periferia sud-occidentale del Comune è sorta una vasta area industriale che ospita anche alcune aziende assurte a importanza nazionale e internazionale, in particolare nel settore della lavorazione delle materie plastiche.


Cookie
Questo sito utilizza cookie tecnici, analytics e di terze parti. Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie. Per maggiori informazioni consulta la Cookie Policy