La gastronomia

Ultima modifica 23 gennaio 2020

I piatti della tradizione gastronomica briantea sono stati oggetto negli ultimi anni di un’attenta opera di riscoperta e di valorizzazione, anche se va detto che, soprattutto fuori dall’ambiente cittadino, essi non hanno mai perso il favore dei buongustai.

La tradizione alimentare della Brianza centrale si basava su ciò che passava la terra, per cui, quanto ai primi, era un fiorire di zuppe e minestre, a volte poverissime, a volte arricchite con l’immancabile lardo. Sulle tavole dei più non mancava mai la polenta e ci si riteneva fortunati quando la si poteva accompagnare con un pezzetto di cotechino.

Diffusi, anche se a un livello sociale più elevato, erano i raviolini di carne in brodo, il cui ripieno era costituito da un composto di arrosto di manzo, pollo e tacchino tritati. Poi, senza dubbio, il risotto, che da Milano conquistò Monza e tutti i paesi della Brianza, trovando una felice combinazione in quel saporito primo che è il risotto con la luganega, la cosiddetta salsiccia di Monza.

E con la luganega eccoci, inevitabilmente, al maiale, vero re della cucina della Brianza, di cui, come dicono i nostri vecchi, “se tra via nient”; e se il maiale è il re di questa cucina contadina, il piatto principe è indubbiamente la cassoeula, nella quale, almeno secondo la ricetta originaria, entrano le puntine (o costine), le cotenne, orecchie e piedini, e qualcuno vi aggiunge anche la luganega, oppure dei piccoli salamini chiamati verzitt; il tutto cotto con verze, sedano, carote, cipolle e salsa di pomodoro.

Ancora un accenno al maiale, trascurando purtroppo tante altre leccornie, per ricordare la persistente tradizione del salame brianzolo (oggi garantito da un marchio di originalità territoriale) e il perdurante successo dei nervetti in insalata, che devono essere ottenuti da zampetti di maiale e girelli di vitello ben cotti, uniti a cipollotti, sedano e, volendo, fagioli.

Le osterie lungo il Lambro un tempo servivano pesce in quantità, compresi i famosi e, pare, buonissimi gamberi di fiume, ora completamente scomparsi, come gran parte dei pesci che abitavano il fiume prima dell’era industriale.

Tra i secondi ricordiamo infine la faraona alla creta e gli üselett scapaa, che sono in realtà delle fettine di fesa di vitello o di lonza di maiale infilati su stecchini con pancetta e salvia, ottimi serviti con la polenta.

Quanto ai dolci, va ricordata la torta paesana (un composto di pane raffermo, amaretti, latte, uova, cacao, uvette e pinoli) e la rusümada, che, ormai dimenticato dai più, era un autentico ricostituente a base di rosso d’uovo, zucchero e vino rosso.


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